Con questo articolo ho deciso di riportare i risultati, a mio giudizio molto interessanti, di una ricerca portata a termine dal quotidiano “il Giornale” in collaborazione con la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro sul tema dell’occupazione giovanile. La ricerca parte dal bivio in cui si trovano numerosi giovani una volta terminato il loro percorso di studi nelle scuole superiori: lavorare o continuare a studiare?

Per coloro che non intendono continuare il loro percorso di studi le possibilità risultano essere molto varie. Un primo passo da compiere, suggerisce lo studio, è senz’altro quello di iscriversi al centro per l’impiego della propria città (ente con competenza provinciale a cui le Regioni demandano il compito di fare incontrare domanda e offerta di lavoro) che è il primo strumento per permettere ai lavoratori, specialmente quelli alla ricerca di una prima occupazione, di conoscere le varie offerte di lavoro. Le possibilità contrattuali per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro sono, come abbiamo detto molto varie: inizialmente potrebbero puntare a qualche contratto che permetta loro di iniziare a prendere confidenza con l’ambiente di lavoro come ad esempio il tirocinio. Questo genere di contratto permette al giovane di vivere una prima esperienza lavorativa iniziando ad attuare ciò che viene imparato sui libri di scuola, sul posto di lavoro, ricevendo un’indennità mensile che varia dai 300 ai 600 euro mensili, cifra che è stato notato varia in base alle regioni. Altre tipologie di contratto di prima occupazione potrebbero essere i contratti work-experience o i contratti di apprendistato. I settori che risultano essere più abbordabili per i giovani alla ricerca della prima occupazione sono quello turistico/ricettivo, quello connesso all’agricoltura e quello edile. Buone opportunità di occupazione anche per coloro che hanno una formazione di tipo informatico o legato all’elettronica, anche se questo ambito impone un continuo aggiornamento da parte di chi è alla ricerca di un’occupazione e questo pare essere elemento imprescindibile per trovare lavoro in questo campo. Un altra soluzione da non sottovalutare per coloro che non sono stati in grado di scegliere tra lavoro e studio e che quindi cercano di coniugare l’una e l’altra cosa, è il part-time, che permetterebbe al giovane di coniugare l’ambito lavorativo con lo studio. Altra interessante soluzione per le prime esperienze lavorative occasionali sono i voucher, utilizzabili fino all’importo annuo di 2.693 euro per ciascun committente e 6.743 euro con riferimento alla totalità dei committenti. Il voucher dimostra essere una buona opportunità per tutte le forme di lavoro occasionale e discontinuo non regolamentate da un contratto. L’esperienza lavorativa all’estero gioca un ruolo importante. Può essere considerata come un’opportunità in più per migliorare il proprio curriculum o in molti casi anche per iniziare un’altra vita in un altro paese. Per chi è interessato a questo genere di esperienza lo studio suggerisce di tenere d’occhio anche le borse di studio messe in palio da Camere di Commercio, imprese e fondazioni.

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Per quanto riguarda coloro che invece desiderano continuare il loro percorso di studi le scelte sono ovviamente molto ampie. Studiare senza però coniugare le proprie inclinazioni o le proprie aspirazioni con la realtà e con le necessità economiche del nostro paese pare essere però abbastanza rischioso. Condurre un percorso di studi poco spendibile a livello lavorativo, infatti, potrebbe porre il neolaureato in difficoltà nel trovare un occupazione una volta ultimati gli studi. Lo studio dimostra infatti che alcune facoltà offrono una maggiore possibilità di trovare un impiego rispetto ad altre e questi dati dovrebbero a mio giudizio far riflettere. Ma ancor prima del tipo di facoltà occorre a mio giudizio sottolineare come i dati tra i neodiplomati occupati e i neolaureati occupati, pendano nettamente a favore di questi ultimi. Solo il 28% dei diplomati risulta avere un impiego ad un anno del conseguimento del titolo di studio. Se diamo uno sguardo alle statistiche del rapporto di Almalaurea per l’anno 2015, tra i laureati triennali a un anno dal titolo di studio il 54% studia ancora mentre il 66% lavora, quindi in percentuale più del doppio. Per quanto riguarda i laureati con il titolo magistrale, lo studio testimonia che il 70% a un anno dalla laurea lavora, a cinque anni dal conseguimento del titolo lavora l’86%. Per quanto riguarda la stabilità del posto di lavoro per i laureati magistrali (contratto a tempo indeterminato o autonomo) il 34% ha un lavoro stabile dopo un anno mentre il 73% dopo 5 anni dalla laurea. Altro dato interessante è il salario mensile netto: a un anno dalla laurea magistrale il salario si attesta mediamente su i 1.065 euro netti al mese e 1.350 euro a cinque anni. Da questi numeri si evince che studiare e specializzarsi conviene ancora. Dal grafico sottostante si nota, come detto, che alcune lauree danno maggiori possibilità di trovare un lavoro e sono quelle appartenenti ai gruppi disciplinari scientifico-tecnico-sanitario, che nonostante la crisi riescono comunque a collocare più facilmente sul mercato del lavoro i laureati. Nel nostro paese ad oggi conviene essere in possesso di una laurea tecnica rispetto ad una laurea umanistica e i dati lo dimostrano. E’ sufficiente pensare che in Italia ad oggi chi è in possesso di una laurea tecnica ha il 90% di possibilità di trovare un impiego. Quindi più ci si orienta verso facoltà che garantiscono maggiori possibilità di accesso meno si rischia. Coloro che sono in possesso di una laurea umanistica sono costretti più spesso a scendere a patti per trovare un’occupazione, molto spesso dequalificandosi, accettando sempre più spesso lavori poco attinenti con il proprio percorso di studi. A un anno dalla laurea il 35,2% dei laureati in discipline giuridiche, psicologiche o letterarie risulta essere disoccupato. Ma quel che è peggio è che nemmeno specializzarsi in queste discipline risulta sufficiente per trovare un’occupazione.

Uno sguardo anche all’esperienza all’estero è in questo campo doveroso. I giovani italiani, intervistati non sono spaventati dalla possibilità di trasferirsi all’estero pur di trovare un’occupazione consona al proprio percorso di studi. Quindi l’estero non spaventa affatto, le uniche reticenze sono riconnesse al dispiacere di non poter continuare a vivere nel proprio paese ma queste sembrano essere secondo gli intervistati difficoltà superabili. A lasciare l’Italia sono soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni, i paesi più ambiti sono Germania, Svizzera e Francia al di fuori del vecchio continente gli Stati Uniti, l’Argentina e il Brasile.

Concludendo qualche considerazione personale. Considerando brevemente i dati del rapporto che ci consegna la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro personalmente ritengo che ad oggi, sia più vantaggioso per un giovane neodiplomato continuare il proprio percorso di studi, la differenza degli occupati in percentuale tra i laureati e i diplomati ad un anno dal conseguimento del titolo di studio è davvero troppo ampia per non essere rimarcata. Valutando i numeri non si può pensare che non convenga studiare qualche anno in più, i dati dimostrano che le possibilità di trovare un impiego aumentano con il conseguimento di titoli che forniscono allo studente maggiori specializzazioni. Ritengo fondamentale, come anche lo studio suggerisce, il coniugare le proprie aspirazioni professionali e la propria predisposizione personale con le esigenze dell’economia del nostro paese: meglio studiare qualcosa che piace un po’ meno ma che potrebbe ci meglio sul mercato del lavoro che studiare ciò che si adora ma avere difficoltà insormontabili nel trovare un’occupazione. Non sono mai stato un grande sostenitore del Jobs Act, che ha senza dubbio dei punti forza, ma non credo possa essere un provvedimento risolutivo per aumentare il numero dei giovani occupati STABILMENTE, nel nostro paese. A metà del 2015 la disoccupazione in Italia si attestava intorno al 12.6%, quella giovanile al 43% e i dati ci dicono che più di due giovani su cinque non trova lavoro. Se le condizioni sono queste… meglio farsi coraggio e fare qualche anno in più sui libri!

Gianluca Treccarichi