Sono giorni di protesta e sono giorni che lasciano davvero sgomenti. Ho assistito come voi al paradosso dell’arrembaggio della Global Sumud Flotilla…. un arrembaggio esatto, come facevano i pirati nelle storie che leggevamo da bambini. Un assalto a delle pericolosissime imbarcazioni che trasportavano cibo. Siamo davvero al paradosso. Il mondo sembra ormai andare al contrario. È ancora più preoccupati assistiamo al silenzio o a gli atteggiamenti degli USA, conniventi con Israele. Nemmeno dall’Europa riesco personalmente a trovare un po di conforto… vedo solo occhi che si girano dall’altra parte, che non vogliono vedere il genocidio che si sta compiendo. Allora queste non sono e non possono rimanere solo parole….spero continuino a diventare un suono al quale sempre più persone si potranno unire, come è accaduto ieri a Torino e come continuerà ad accadere in tante altre città italiane e non solo, così da dare un segnale chiaro anche al nostro governo, all’Europa, al mondo. 

E’ chiaro ormai l’intento di Israele. Quando si decide di ostacolare anche i gli aiuti umanitari l’obbiettivo è chiaro. Non può esistere blocco navale quando la gente muore di fame. Si minacciano i palestinesi, dicendo loro che se ne devono andare, ma dove possono andare se non ci sono mezzi, non c’è la benzina, alcuni di loro non si possono nemmeno spostare. Gli si sta semplicemente imponendo di morire in silenzio.

Solo qualche giorno fa a Collegno abbiamo festeggiato la giornata della pace. Abbiamo deciso di intitolare un viale a Refat Alareer, poeta palestinese ucciso circa due anni fa durante un bombardamento a Gaza, per ricordare il suo sacrificio e il suo lavoro per la pace nella sua terra, attraverso la poesia. La parola come arma non violenta. Con i suoi scritti e il suo coraggio, ha testimoniato al mondo intero che la pace nasce anche dalla dignità, dalla memoria e dalla voce di chi non si arrende all’ingiustizia. Si è aggiunto così un altro viale di pace nel nostro parco, un segnale importante per la nostra Città. Collegno, che ha conosciuto nella sua storia momenti di sofferenza e di rinascita, sceglie così di legare il nome di Refat Areer a un luogo di passaggio quotidiano, a uno spazio vissuto dalle persone, perché la pace non deve restare solo un’idea lontana o una parola nei libri, ma deve abitare le nostre strade, le nostre comunità, la nostra vita di tutti i giorni. Questa intitolazione è un invito a ricordare che la pace non si costruisce da soli, ma insieme. È un impegno che parte dalle istituzioni ma che si rafforza grazie all’educazione, alla cultura, al dialogo tra i popoli e tra le generazioni. 

Nei giorni scorsi, inoltre, sono state organizzate tante manifestazioni in città alla quali ho partecipato personalmente. Ho dichiarato pubblicamente che mi piacerebbe realizzare un momento di unione cittadino grande e partecipato, perché la Collegno che conosco sa bene da che parte stare. 

Occorre continuare su questa strada. Chi rimane in silenzio e’ complice. La pace non è mai un traguardo garantito una volta per tutte: è un cammino che si costruisce giorno per giorno, attraverso i gesti, le parole, le scelte politiche e civili che ognuno di noi compie. La pace è giustizia, è solidarietà, è riconoscere l’umanità che ci accomuna al di là delle differenze. E’ la consapevolezza di vivere in uno stato di diritto, perché senza diritti non può esistere una pace consapevole. Con coraggio uniamoci, basta violenze a Gaza!